Lanciare un food business di successo: Parte #1 – Analisi

Il lancio di ogni (food) business che voglia avere ambizioni di successo parte sempre da una fase, tanto noiosa agli occhi dei più pragmatici quanto indispensabile, ossia l’analisi. E’ in questa fase che ogni concept, idea o format nati nella mente nell’imprenditore devono essere sminuzzati, tritati e nuovamente riassemblati alla luce di 4 fondamentali domande:

  1. Il prodotto/concept/format che ho in mente è fattibile (analisi di prefattibilità)
  2. Quale è il mio mercato e perché ha senso entrarci (analisi del mercato)
  3. Quali sono i miei competitors diretti/indiretti e perché i clienti in mezzo ad altri dovrebbero scegliere me (analisi dell’offerta)
  4. Chi sono i miei clienti e se percepiscono come rilevante il valore che attribuisco al mio prodotto (analisi della domanda)

Il risultato di questa prima analisi non deve portare a soluzioni adamantine e intoccabili ma piuttosto a mettere a fuoco il concept rispetto ai 3 fattori che determineranno il successo della tua impresa (mercato, offerta e domanda): una buona analisi deve quindi fornire delle prime risposte ma soprattutto nuove domande che saranno poi oggetto della fase successiva: i primi test (che vedremo nella prossima puntata). Tutto bello, ma in concreto, come si parte a effettuare queste analisi? Quanto tempo ci vuole? Ci sono degli strumenti che si possono utilizzare senza ricorrere a costose ricerche di mercato? Di questo parliamo direttamente sul nostro blog fornendoti degli esempi pratici che potranno esserti utili.

ANALISI DI PREFATTIBILITÀ
L’analisi deve partire da qui perché troppo spesso l’idea/prodotto è infattibile a priori e scoprirlo dopo aver conseguito risultati stupefacenti dalle altre analisi (della domanda, dell’offerta e del mercato) rischia di farci perdere tanto tempo. Che intendiamo per analisi di prefattibilità? Con questa analisi dobbiamo riuscire a capire se il prodotto che vogliamo lanciare è alla nostra portata, che non sia dunque un sogno lontano. Non serve in questa fase effettuare analisi di dettaglio troppo sofisticate: ad esempio non serve avere un’idea di fattibilità economica molto precisa già in questa fase – specie perché potremmo scoprire con i primi test che un prodotto su cui abbiamo costruito un perfetto piano finanziario a priori poi non è di interesse della gente che magari non lo acquista ,con il risultato di aver solo perso tempo – ma piuttosto verificare subito che non vi sia troppa distanza tra l’obiettivo e le nostre risorse. A tal proposito è d’obbligo una precisazione: se si esclude quella normativa, la fattibilità non è quasi mai un concetto assoluto ma piuttosto un concetto relativo rispetto ad altre variabili (capitale di investimento, competenze di base, tempo disponibile, contatti…): per fare un esempio banale, se posso godere dei capitali di Elon Musk o delle competenze di uno chef stellato la fattibilità del mio concept potrebbe essere agevolata enormemente.  Concretamente, la fattibilità, per progetti alimentari di piccole e medie dimensioni può essere di 3 tipologie (da analizzare in questo ordine di priorità):

  1. Fattibilità normativa > quello che ho in mente è a norma? Per esserlo che costi devo sostenere e che tempi devo aspettare?
  2. Fattibilità tecnica > sono in grado di realizzare quel prodotto con le mie competenze o posso compensare le mie lacune acquistando le competenze di altri?
  3. Fattibilità economica > sono in grado di pagare le competenze che mi mancano e sostenere tutti i costi implicati nel lancio del mio prodotto
  4. Fattibilità temporale > ho la disponibilità di tempo per seguire questo progetto

In sintesi la fattibilità è l’equilibrio giusto tra tempo e risorse disponibili in un contesto normativo favorevole, dove il “giusto” è sempre da rapportare alla difficoltà e ambizione del progetto: vogliamo creare il marchio di pizza numero 1 in Italia? È potenzialmente fattibile ma i tempi e le risorse per riuscirci possono essere particolarmente alti in un mercato altamente competitivo. E qui veniamo al secondo punto dell’analisi: l’analisi del mercato.

ANALISI DEL MERCATO
Quando si analizza il mercato di riferimento il primo pensiero va sempre ai competitors ma prima di approfondire in dettaglio lo scenario competitivo – che valuteremo meglio nell’analisi dell’offerta – ci sono altri aspetti legati al contesto di mercato che vanno approfonditi:

  • Grandezza e concentrazione del mercato: più il mercato è grande e più è potenzialmente attraente ma al contempo più è grande e più è concentrato nelle mani di pochi grandi con un livello di competizione alto che implica capitali ingenti per distinguersi. Per queste ragioni, specie per gli small business, la soluzione migliore è quasi sempre puntare su una nicchia poco presidiata che richieda capitali iniziali contenuti e preservi buone marginalità. Come capire quanto è grande davvero un segmento di mercato? In assenza di budget imponenti per apposite ricerche di mercato, gli strumenti migliori per avere dei numeri indicativi sono Internet – dove è possibile reperire agilmente analisi quali-quantitative condotte da enti di settore, aziende pubbliche e private, ad esempio la FIPE pubblica ogni anno un rapporto sul settore della ristorazione mentre Just Eat con il suo Osservatorio fornisce costanti dati utili sul mercato del Delivery in Italia – o in alternativa software a pagamento come Creditsafe che consentono di ricostruire il fatturato dei principali attori del settore grazie a precise visure e ancora comprendere per singolo Ateco quanti player ci sono sul mercato così da comprenderne rapidamente la concentrazione. 
  • Trend e potenziale di crescita: quando si pensa ad un mercato di nicchia il rischio è quello di chiudersi in uno spazio di mercato troppo piccolo e asfittico che preclude qualunque crescita. Il consiglio è quello di puntare a nicchia con potenziale di crescita a grande mercato, dove entrare in una fase precoce per ritagliarsi il proprio spazio con capitali ridotti di comunicazione. Se stai cercando un tool abbastanza semplice per verificare i trend in corso e il loro andamento nel tempo ti consiglio di utilizzare Google Trends. Uno strumento semplice che aggrega le richieste ricevute nel tempo da Google per singole ricerche: se ad esempio verificassi che su Google la ricerca “dieta vegana” negli ultimi anni ha subito una crescita importante potrai desumere che questa nicchia abbia un buon potenziale di base da approfondire.
  • Barriere di entrata e uscita: costi di avviamento elevati, richiesta di competenze molto verticali, normative stringenti che richiedono licenze specifiche…questi sono tutti esempi di tipiche barriere di entrata che rendono potenzialmente costoso e lento – quando non inaccessibile – l’accesso al mercato. Allo stesso modo funzionano le barriere di uscita di cui la più classica nel segmento small business del settore food & beverage è la trappola dell’attività-gabbia: se si investono tutti i capitali disponibili in un’attività che si scopre poi non fatturare in linea con le previsioni (e troppo spesso anche sotto il livello minimo di sostenibilità dei costi), per non perdere tutto ci si chiude con tutte le scarpe all’interno del proprio locale in cui si viene turati vivi. Questo è un classico esempio di barriera di uscita: l’attività non va bene ma non si può uscire perché altrimenti si perde tutto il capitale investito.
  • Potere contrattuale di fornitori e clienti: quali le aspettative minime dei clienti già settate dalla concorrenza e quali le richieste minime dettate dai fornitori? Capire da subito questi aspetti è fondamentale per capire rapidamente se il progetto è alla portata o meno. Molti fornitori hanno dei quantitativi minimi da rispettare per poter ordinare da loro così come molti clienti hanno precise attese di gusto, estetiche e similari su prodotti già noti: in entrambi i casi non conoscere e verificare la capacità di matchare queste richieste significa limitare da subito le probabilità di successo del tuo business.

Verificati questi aspetti – non esaustivi ma soddisfacenti per una analisi iniziale – dovresti avere già più chiaro lo scenario entro cui andrai a muoverti. Se l’analisi condotta fino a qui non ti ha fatto desistere è giunto il momento di approfondire la conoscenza degli altri attori del mercato: i competitors.

ANALISI DELL’OFFERTA
In questa fase si inserisce l’analisi dell’offerta che implica due passaggi:

  1. Definizione del proprio prodotto/concept/brand con il dettaglio di tutti i principali parametri apprezzabili da un cliente finale (prezzo, prodotto, modalità di vendita, comunicazione…)
  2. Individuazione di tutti i competitors diretti/indiretti e analisi, per ciascun concorrente, di tutti i parametri già individuati per il proprio prodotto

La parte più complessa di questa fase è l’individuazione dei competitors. Partiamo da un assunto: 1% dei prodotti/brand al mondo non hanno davvero competitors, in tutti gli altri casi se non se ne trovano vuol dire che la ricerca è fatta male. Se è intuitivamente chiaro quali possano essere i competitors diretti – in sintesi tutti quelli che vendono un nostro stesso prodotto/servizio o che hanno un posizionamento obiettivo analogo – individuare quelli indiretti spesso è più complesso e sottovalutato. Un competitor indiretto è qualcuno che soddisfa, magari con un prodotto diverso, il vostro stesso bisogno. Con questa logica Netflix è concorrente dei Cinema alla pari di un altro Cinema. Questo perché si suppone che se un cliente ama Netflix è difficile che trovi il tempo e voglia spendere per andare con pari frequenza al Cinema. Il punto è cruciale: voi vendete soluzioni a dei bisogni non semplici prodotti e in quest’ottica sono competitors tutti coloro che puntano a soddisfare lo stesso bisogno per pari clienti. Una analisi dell’offerta ben fatta deve portarvi a una conclusione precisa: in cosa il vostro prodotto è meglio degli altri e perché il cliente dovrebbe scegliere voi. Una cosa importante: è fondamentale che il presunto tratto distintivo rispetto alla concorrenza sia percepito dal cliente finale come rilevante e non solo da voi. Per questo l’analisi deve essere corroborata da tanti test. Ad esempio potreste arrivare in sede di analisi a congetturare che sia il prezzo della vostra pizza a portarvi i clienti sottraendoli ai vostri avversari ma potreste scoprire che quel prezzo – per quanto oggettivamente più basso – non è realmente percepito dal cliente come motivo dirimente per scegliere il vostro prodotto (magari opta per la vostra pizza solo perché è buona o ha dei gusti particolari).

Questo tratto differenziante definirà il vostro posizionamento nell’agone competitivo e sarà il punto da stressare a livello comunicativo.

ANALISI DELLA DOMANDA
Una volta appurato che il nostro prodotto/concept/brand è teoricamente fattibile, e che potremmo avere un posizionamento distintivo all’interno di un mercato strategicamente interessante e ad alto potenziale, non ci resta che un’ultima analisi da effettuare: l’analisi dei nostri consumatori. Questa analisi viene solitamente svolta in duplice modo:

  • Analisi qualitativa: utile a capire cosa cercano i nostri clienti e a quali aspetti danno più rilevanza
  • Analisi quantitativa: utile a capire dove sono concentrati i nostri clienti e quanti effettivamente sono/potrebbero essere, così da poter stimare correttamente il mercato potenziale di un prodotto.

Immaginando di non avere un budget importante per effettuare focus group e sofisticate ricerche di mercato, quello che possiamo fare per approfondire la nostra conoscenza dei potenziali clienti dal punto di vista qualitativo è:

  1. uscire di casa e effettuare delle prime interviste e osservazioni mirate a prodotti competitors per vedere come i nostri potenziali clienti interagiscono con la concorrenza e con prodotti similari
  2. leggere le recensioni rilasciate ai competitors che fungono da ricerca di mercato indiretta riportando gusti, critiche ricorrenti e punti di forza che possiamo utilizzare per migliorare da subito il nostro prodotto/brand.

Per sopperire alla mancanza di costose ricerche quantitative possiamo approssimare la grandezza del mercato potenziale utilizzando i seguenti tool:

  1. ricostruendo il giro di mercato dei competitors diretti grazie a visure di fatturato che ci danno un’idea della rotazione media dei clienti
  2. ritirare scontrini dei competitors di una precisa zona e inferire sommariamente tramite qusti la grandezza del mercato di una specifica area
  3. se stiamo ragionando su basee nazionale e non locale come nei primi due casi, il tool più utile è il keyword planner di Google (online se ne trovano anche altri parimenti utili quali Semrush, Ubersuggest…la maggior parte sono a pagamento ma con un numero di ricerche gratuite che spesso bastano per lo scopo): con questi possiamo risaliree al numero di ricerche mensili per classi di parole chiave e quindi inferire un mercato potenziale in base all’interesse dimostrato dai potenziali consumatori.

Bene. Se siete arrivati a leggermi fin qui significa che la vostra analisi è completata. Ora si passa al prossimo livello: i primi test di mercato sul posto! So che siete curiosi ma per questo vi rimando alla prossima puntata.

Buona giornata Mastr* Artigian*